Valorizzazione degli asset aziendali tangibili e intangibili

La rivalutazione di asset aziendali tangibili (quali macchine, impianti, fabbricati) e intangibili (quali il marchio e il know-how tecnologico e commerciale) può garantire un’adeguata patrimonializzazione dell’azienda oltre che un importante risparmio fiscale.

Se la valutazione di asset tangibili è considerata di più immediata comprensione, sicuramente più ostico è comprendere le implicazioni che una valorizzazione di un asset intangibile può comportare. Se si prende ad esempio il concetto di know-how (“saper come fare”) si scopre essere caratterizzato da un perimetro di definizione con complesse problematiche applicative e interpretative, anche in fase di stesura contrattuale e tutela (morale e patrimoniale) dei diritti, anzitutto nell’ambito del trasferimento di tecnologia o della concorrenza sleale.

In base al Regolamento (CE) n. 2790/1999 «per know-how si intende un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze e da prove eseguite dal fornitore, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato; in tale contesto per “segreto” si intende che il know-how, considerato come complesso di nozioni o nella precisa configurazione e composizione dei suoi elementi, non è generalmente noto, né facilmente accessibile; per “sostanziale” si intende che il know-how comprende conoscenze indispensabili all’acquirente per l’uso, la vendita o la rivendita dei beni o dei servizi contrattuali; per “individuato” si intende che il know-how deve essere descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità”.

Il Regolamento (CE) n. 2659/2000 parla di «know-how relativo a prodotti e processi e la realizzazione di analisi teoriche, di studi sistematici o di sperimentazioni, inclusi la produzione sperimentale, le verifiche tecniche di prodotti o processi, la realizzazione degli impianti necessari e l’ottenimento dei relativi diritti di proprietà immateriale». L’unico intervento del legislatore italiano in tema di know-how è rappresentato dalla l. n. 129/2004 che spiega come per know-how si intenda «un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato».

Il know-how, che può essere considerato un bene economico e che rappresenta un patrimonio relazionale e di conoscenze, può includere attività tangibili e sostanziali come formule, istruzioni e specifiche, procedure codificate e archetipi, accorgimenti tecnici, layout produttivi con impiego di tecnologia, design, stampi o modelli o attività intangibili come strategie di marketing e di comunicazione, tecniche di test di qualità, competenze produttive e organizzative.

La stima del valore di mercato del know-how (così come del marchio aziendale) deve essere tipicamente inserita in un contesto valutativo che consideri non solo l’azienda o il ramo complessivamente oggetto di valutazione, ma anche - in particolare - le sue risorse immateriali, a cominciare da quelle ontologicamente più contigue.

Nel corso dell’attività di valutazione si dovrà scegliere la metodologia più adeguata al caso specifico. Infatti i principali metodi per la stima del valore di mercato delle aziende sono sostanzialmente riconducibili a due tipologie: i metodi empirici e i metodi analitici. I primi si fondano sull’osservazione pratica dei prezzi di mercato dei beni immateriali sufficientemente simili e, in quanto tali, comparabili. I metodi analitici hanno invece un fondamento scientifico più solido e una maggiore tradizione anche in sede professionale e si fondano anzitutto su un approccio reddituale-finanziario, per stimare quanto vale oggi un asset sulla base dei rendimenti futuri attesi ovvero una stima dei costi sostenuti o di riproduzione / rimpiazzo.

Si sceglierà pertanto l’approccio più adeguato da seguire tra quelli di seguito rappresentati:

1. determinazione dei costi sostenuti per la realizzazione della risorsa immateriale o da sostenere per la sua riproduzione: secondo tale metodo, il valore è determinato dalla sommatoria dei costi capitalizzati, sostenuti per la sua realizzazione o da sostenere per riprodurla;

2. attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa derivanti dallo sfruttamento della risorsa immateriale: secondo tale metodo, il valore è dato dalla sommatoria dei redditi attualizzati derivanti dallo sfruttamento stesso della risorsa (in termini di royalties, fatturato atteso…);

3. attualizzazione delle royalties presunte, che l’impresa pagherebbe come licenziataria se la risorsa immateriale non fosse di proprietà;

4. attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa differenziali (incrementali): si basa sulla quantificazione e attualizzazione dei benefici e dei vantaggi specifici del bene immateriale rispetto a situazioni “normali”, cioè di prodotti non coperti da brevetto o tutelati a titolo di segreto industriale. Il reddito incrementale è ottenuto per differenza tra i ricavi e costi relativi al bene immateriale, con attualizzazione dei flussi differenziali e con esclusione di componenti reddituali estranei o poco rilevanti;

5. attualizzazione delle perdite derivanti dalla cessione della risorsa immateriale: si basa sul presupposto che il venir meno della disponibilità della risorsa immateriale è suscettibile di determinare una riduzione del fatturato (giuridicamente assimilabile al “lucro cessante”);

6. valutazione del patrimonio differenziale (incrementale), attraverso indicatori del plusvalore di mercato come il Q di Tobin, che rapporta il valore di mercato delle attività di una società al loro valore di sostituzione / rimpiazzo; se l’indice è superiore all’unità, ciò è dovuto alla presenza di un avviamento implicito che può dipendere, tra le altre cose, dal valore (non contabilizzato) della risorsa immateriale.

Knight’s Bridge è in grado di effettuare valutazione con perizia dei cespiti sia materiali (macchine, impianti complessi, fabbricati) che immateriali (marchi, know-how tecnologico e know-how commerciale). Grazie ad una pluriennale esperienza sviluppata nell’ambito di innumerevoli perizie valutative dei cespiti aziendali, i nostri periti svolgono tutte le seguenti attività:

  • Stima valore di mercato dei cespiti aziendali (fair value, per la corretta iscrizione a bilancio, nell’ipotesi di continuità operativa aziendale);
  • Stima del valore di cessione del cespite unitario o di impianti produttivi aziendali a sostegno di operazioni di gestione ordinaria o straordinaria;
  • Stima del valore dei cespiti per cessione ramo d’azienda;
  • Stima valore cespiti e beni aziendali ed attestazioni di conformità (Industria 4.0, finanziamenti, adeguamenti di processi o qualunque altra esigenza aziendale).

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